Nel corso dell’estate, i guardiaparco sono intervenuti in diverse occasioni per richiamare persone in mountain bike che percorrevano, all’interno dei Parchi Alpi Cozie, itinerari e sentieri vietati all’accesso delle biciclette. Qualcuno si è giustificato segnalando che aveva seguito le indicazioni scaricate da alcuni siti internet o da alcune app, ma purtroppo il regolamento di un’area protetta non ammette l’ignoranza della norma. Ne approfittiamo, quindi, per ribadire le limitazioni previste nelle Aree Protette delle Alpi Cozie e spiegarne le motivazioni.
Nel Parco Naturale della Val Troncea e nel Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand sono in vigore alcune limitazioni nell’uso delle biciclette. In generale, il divieto è valido su tutti i sentieri mentre sulle strade è obbligatorio «dare la precedenza ai pedoni, non creare situazioni di pericolo, intralcio ovvero provocare danni all’ambiente» e rispettare, ovviamente sempre, il codice della strada. È, infine, vietata la pratica del downhill e l’utilizzo delle fat bike su neve.
Al fondo del testo, l'elenco delle strade su cui è consentito andare in bicicletta.
Per spiegare in maniera più efficace i motivi delle limitazioni all’uso delle biciclette nei Parchi delle Alpi Cozie, coinvolgiamo un guardiaparco, Alessandro Perron, che è anche appassionato di mountain bike nella vita extra lavorativa e quindi capace di comprendere le esigenze sia dell’Ente Parco sia di chi pratica questa bellissima attività.
«I regolamenti di un parco – racconta Perron – hanno prevalentemente una funzione preventiva più che punitiva: tutelare l’ambiente e i suoi frequentatori, prima di sanzionare. Nel caso della circolazione in bicicletta, in effetti si pongono diverse questioni di sicurezza per i fruitori e di protezione dell’ambiente».
Perron è stato assunto recentemente dai Parchi Alpi Cozie ed è il più giovane appartenente al corpo di vigilanza, ma si è documentato sulla storia dell’Ente Parco per comprendere fino in fondo le motivazioni dietro queste limitazioni.
«I colleghi più anziani mi hanno riferito che ai tempi in cui vennero elaborati i regolamenti, l’obiettivo era principalmente salvaguardare la sicurezza delle persone, ciclisti ed escursionisti, vietando i sentieri che sono più ripidi e impervi. E c’erano assai meno praticanti di adesso, con la moda delle bici a pedalata assistita… Come corpo di vigilanza capita spesso di gestire operazioni di soccorso per ciclisti infortunati a causa di cadute e incidenti. Le strade invece sono più larghe e ampie, si prestano meglio alla coesistenza tra le due categorie di frequentatori. Anche perché i Parchi devono promuovere una fruizione più dolce della montagna, maggiormente a contatto con la natura. Occorre rispettare coloro che si spostano lentamente, a piedi, e che amano distrarsi a osservare le piante e gli animali senza il timore di essere investiti da una bicicletta. L’invito che rivolgo ai ciclisti, quindi, è di limitare ulteriormente la velocità all’interno di un’area protetta».
Ma Alessandro è anche un ciclista che ama allenarsi nella natura a ritmi sostenuti e l’adrenalina di una discesa in terreno impervio.
«Fortunatamente i territori dell’alta Valsusa e Val Chisone offrono una grande quantità di strade e tracciati, fuori parco, dove scatenarsi e divertirsi, sempre in sicurezza, mi raccomando! Ci sono anche comprensori per la pratica del downhill con sentieri attrezzati appositamente e un servizio di soccorso in caso di incidente. Il principio che vige nelle aree protette invece è un altro: qui, noi esseri umani siamo ospiti della natura, siamo una specie alla pari di tutte quelle che abitano questi ecosistemi. Innanzitutto le bici provocano un’erosione maggiore sui sentieri con il rischio di convogliare le acque e provocare problemi di ruscellamento. Inoltre, procedendo a velocità sostenuta rischiamo di sorprendere gli animali, spaventandoli e costringendoli a fughe eccessivamente stancanti oppure pericolose. Dobbiamo quindi accettare le limitazioni che tecnici e guardiaparco hanno individuato come giusto compromesso tra le necessità dell’ambiente e le esigenze dei fruitori».