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Solo se necessario. I mezzi motorizzati nei Parchi

19 Settembre 2024
I motivi di un divieto
Un Ente Parco, come quello che gestisce le Aree Protette delle Alpi Cozie, adotta regolamenti, normative e ordinanze che possono limitare le attività umane sia ricreative, sia residenziali e produttive. Le istituzioni chiamate a tutelare ecosistemi di particolare pregio, infatti, hanno il compito di sperimentare sempre nuove forme di coesistenza degli esseri umani in un ambiente naturale ricco di biodiversità. L’obiettivo di questa rubrica è spiegare i motivi dei divieti, aiutando il pubblico a comprendere certe restrizioni volte a conservare un territorio in salute e fruibile nel rispetto delle esigenze di tutte le specie. 


Il divieto in tutta la Regione Piemonte

Nelle Aree Protette delle Alpi Cozie, come in tutto il territorio regionale piemontese è vietata la circolazione con mezzi motorizzati su percorsi fuoristrada ai sensi della Legge Regionale n. 32/1982. Il divieto, come si legge, «è esteso anche ai sentieri di montagna e alle mulattiere, nonché alle piste e strade forestali». Si tratta dell’articolo 11 inserito, non a caso, nel testo intitolato «Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale» perché indubbiamente il traffico veicolare ha un impatto sugli equilibri ecologici. Ma cosa si intende per “percorsi fuoristrada”? In sostanza tutto ciò che non è inserito nella viabilità statale, regionale, provinciale o comunale. 

Le limitazioni nelle Aree Protette Alpi Cozie

Nei territori all’interno dei Parchi delle Alpi Cozie la circolazione ai mezzi motorizzati è – ovviamente – vietata fuoristrada cioè al di fuori della viabilità ordinaria, ma anche in determinate strade comunali e provinciali. Per esempio certi percorsi all’interno del Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand, tutte le strade nel Parco Naturale della Val Troncea, alcuni percorsi nel Parco Naturale Orsiera Rocciavré e il tratto di Via Monte Pirchiriano all’interno del Parco Naturale dei Laghi di Avigliana. Il motivo è semplice da capire: all’interno di un’area protetta gli esseri umani sono una delle specie presenti e devono adattare abitudini e comportamenti alle esigenze degli altri esseri viventi. 
D’altronde anche i bambini sanno che un’automobile o una moto inquinano. Nei contesti urbani le emissioni dei motori termici influiscono sulla qualità dell’ambiente rilasciando nell’aria elevate quantità di Co2, polveri sottili e metalli pesanti. Nelle Aree Protette, invece, dove la concentrazione di traffico è certamente minore, gli autoveicoli provocano soprattutto disturbo alla fauna selvatica con il rumore prodotto dai mezzi e gli investimenti. In particolare è importante ridurre più possibile lo schiacciamento degli animali più lenti – dai ricci, ai molluschi, a tutti quegli insetti micro e macroscopici – che nell’attraversamento di una strada possono trovare la morte sotto i pneumatici delle automobili anche se procedono a bassa velocità visto che il limite di velocità sulle strade sterrate è di 20 km/h. Senza dimenticare il disturbo arrecato dai mezzi motorizzati agli altri frequentatori che desiderano visitare i Parchi in mobilità dolce, con la calma e tranquillità necessarie per godere appieno del patrimonio ecologico e paesaggistico che li circonda senza doversi preoccupare del sopraggiungere di auto o motociclette. È questo tipo di frequentazione che un Ente Parco deve privilegiare! 

Le misure per tutelare le attività umane

Le esigenze delle persone vengono comunque rispettate all’interno delle Aree Protette che, per statuto, sono tenute a promuovere la coesistenza tra esseri umani e ambiente naturale e la fruizione consapevole. I permessi per circolare con mezzi motorizzati sulle strade all’interno dei Parchi possono essere quindi concessi ai disabili dotati di apposito contrassegno, ai proprietari di immobili e di fondi, a coloro che svolgono attività lavorative ed economiche (agro-silvo-pastorali, gestione rifugi, ecc.) o per motivi di ricerca o studio scientifico esclusivamente lungo i percorsi necessari al raggiungimento del luogo oggetto della richiesta. Senza dimenticare i mezzi di soccorso, vigilanza e antincendio. 
Inoltre viene riconosciuta l’insostituibilità dei mezzi motorizzati per raggiungere i punti di accesso ai Parchi o certe aree particolarmente significative da un punto di vista turistico. È questa la situazione all’interno del Parco Naturale Orsiera Rocciavré dove le strade aperte al traffico consentono effettivamente di fruire aree troppo complicate da raggiungere a piedi o in mobilità dolce. Oppure il caso della Strada Provinciale n. 173 dell’Assietta che attraversa luoghi particolarmente significativi da un punto di vista storico-culturale e che meritano di attirare un pubblico più possibile ampio, non necessariamente appassionato di escursionismo in montagna. In questo caso, si cerca un compromesso con escursionisti e ciclisti tramite le chiusure della strada tutti i mercoledì e sabato nei mesi di luglio e agosto. 

Una ricerca per studiare l’impatto del traffico motorizzato

Gli effetti del traffico veicolare sugli ambienti delle aree protette rimangono un argomento ancora poco studiato. Per questo motivo nell’estate del 2024, proprio lungo la Strada dell’Assietta, i Parchi delle Alpi Cozie hanno avviato un’attività di monitoraggio volta a misurare il deposito sui terreni circostanti di particelle generate dai veicoli a motore sotto forma di gas di scarico e di particolato prodotto da metalli pesanti presenti negli olii lubrificanti e micro componenti liberate nell’ambiente dall’usura di pneumatici, freni e vernici delle carrozzerie. Un progetto biennale, finanziato all’interno del progetto Alcotra BiodivtourAlps che consentirà di raccogliere informazioni e dati con cui guidare eventuali futuri nuovi processi decisionali sull’utilizzo di un’area di particolare pregio sotto tanti punti di vista: ambientale, storico, culturale e turistico. 
Occorre segnalare, in conclusione, che a livello europeo vige il divieto di costruzione di nuove strade carrozzabili all’interno di tutte le Aree Protette e dei siti della Rete Natura 2000. Un’ulteriore dimostrazione della centralità del problema e della necessità di trovare soluzioni adatte a ciascuna realtà territoriale.