Nome scientifico: Rupicapra rupicapra
Regno: Animale
Classe: Mammiferi
Ordine: Artiodattili
Superordine: Ungulati
Famiglia: Bovidi
Sottofamiglia: Caprini
Nome comune: camoscio alpino
Arco alpino, tra i 1000 e 3500 m di quota
Dove mi trovi?
Parco naturale Gran Bosco di Salbertrand
Parco naturale Orsiera Rocciavrè
Parco naturale Val Troncea
ZSC Bardonecchia Val Fredda
ZSC Boscaglie di Tasso di Giaglione
ZSC Cima Fournier e Lago Nero
ZSC Col Basset
ZSC Les Arnauds Punta Quattro Sorelle
ZSC Pendici del Monte Chaberton
ZSC Valle della Ripa
ZSC Valle Thuras
ZSC – ZPS Val Troncea
Classificazione:
Nome scientifico: Rupicapra rupicapra
Regno: Animale
Classe: Mammiferi
Ordine: Artiodattili
Superordine: Ungulati
Famiglia: Bovidi
Sottofamiglia: Caprini
Nome comune: camoscio alpino
Habitat:
Arco alpino, tra i 1000 e 3500 m di quota
Il camoscio frequenta le praterie d'alta quota, ma lo si può osservare anche sulle pareti rocciose e all'interno dei boschi, partendo dal fondovalle fino a circa 3500 metri di quota. In estate preferisce i versanti più freschi, mentre in inverno si sposta in grossi branchi dove trova più facilmente erba da brucare, cioè su pendii molto ripidi in cui l’esposizione a sud e sud ovest favorisce la fusione precoce della neve. Nei territori gestiti dai Parchi delle Alpi Cozie è l’unico ungulato a non essersi estinto, al contrario di cervo, capriolo, cinghiale e stambecco che nel corso del ‘900 sono stati eliminati dall’attività venatoria e, in seguito, reintrodotti.
I maschi raggiungono i 90 cm di altezza al garrese per circa 50 kg di peso, mentre le femmine non superano gli 80 cm per 40 kg circa. Il massimo accumulo di grasso si verifica in autunno per consentire agli individui di sopravvivere ai rigori dell’inverno, mentre all’inizio della primavera si verifica la diminuzione più sensibile del peso corporeo, in particolare tra i maschi che possono arrivare a perdere un terzo del proprio peso a causa dell’elevato dispendio di energia durante la stagione degli amori.
Il manto degli stambecchi presenta una colorazione bruno chiaro in estate e marrone scuro d’inverno, con il muso bianco bordato dalla caratteristica mascherina: due bande nere dalle guance alle orecchie passando per gli occhi. Maschi e femmine presentano entrambi le caratteristiche corna perenni nere a uncino.
Da un punto di vista morfologico e fisiologico, il camoscio ha subito una serie di adattamenti che gli consentono di vivere in ambienti caratterizzati da rocce e neve. In particolare, lo zoccolo bidattilo presenta un bordo esterno duro e affilato in grado di sostenere l’animale anche poggiando su ridotti appigli di roccia, mentre i polpastrelli morbidi esercitano maggiore attrito sulle superfici rocciose quando appoggiati come per esempio in discesa. Inoltre le dita dello zoccolo si possono divaricare notevolmente, presentando una membrana interdigitale capace di aumentare la superficie di appoggio, in presenza di neve.
Il cuore voluminoso, la notevole capacità polmonare e l’elevata concentrazione di globuli rossi nel sangue forniscono al camoscio permettono al camoscio di risalire rapidamente lunghi pendii anche molto ripidi senza avvertire eccessiva fatica, anche in alta quota.
Il camoscio è un ruminante poco specializzato capace di brucare dalle erbette più tenere a gemme e foglie giovani, fino a sfruttare al meglio risorse meno appetibili come licheni e aghi di pino, con cui integrare l’alimentazione nei momenti di maggiore scarsità come durante l’inverno.
In virtù della sua anatomia e della sua alimentazione, il camoscio vive in ambienti che gli forniscono vegetazione come nutrimento e ambienti rocciosi su cui rifugiarsi dai predatori. Tendenzialmente lo si ritrova a quote tra i 1000 e i 3500 metri di quota, ma in estate può salire anche più in alto: può essere avvistato anche su ghiacciai e pareti di montagne oltre i 4000 metri. Curiosamente, proprio in Val di Susa sulle pendici del Monte Pirchiriano dove sorge la Sacra di San Michele, vive una comunità di camosci che si è adattata a vivere a quote insolitamente basse, al di sotto dei 400 m.
Il periodo della riproduzione nel camoscio va dalla fine di ottobre a metà dicembre con una gestazione che dura circa 160/170 giorni per portare tra metà maggio e metà giugno al parto di un piccolo, raramente due. La procreazione avviene ogni 1 o 2 anni. Per proteggere la prole, le femmine gravide cercano pendii rocciosi e versanti impervi per partorire. Aspettativa di vita In condizioni ideali, i camosci possono vivere fino a 25 anni di età, ma in contesto selvatico tendenzialmente non sopravvivono oltre i 15/16 anni a causa del processo di invecchiamento e deperimento fisico che inizia intorno ai 10 anni.
Approfondimenti:
Ricerche e pubblicazioni
Presentiamo un breve elenco di materiali divulgativi e scientifici realizzati sul camoscio dall’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie che è titolare del Centro di Referenza per gli Ungulati in associazione con l’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Marittime e l’Ente di gestione delle aree protette della Valle Sesia.
Ricerche
L. Maurino, Quanti camosci nel Parco? Censimento esaustivo e indice di abbondanza pedestre, 20/02/2019
AA.VV., Grafici riassuntivi del camoscio dal 2000 al 2011
Poster
L. Maurino, Applicazione del distance sampling nel monitoraggio degli ungulati nel Parco Naturale Val Troncea, VII Congresso italiano di Teriologia, 5-7 maggio 2010, Fabriano (AN)
Monitoraggio del camoscio nel Parco Naturale Val Troncea: distance sampling e pointage flash- VI Congresso italiano di Teriologia - 16-18 aprile 2008, Cles (TN)