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Fuochi d’artificio. La serie RAI anche nei Parchi Alpi Cozie

22 Aprile 2025

«La componente di difficoltà che la montagna ci ha presentato ha reso le riprese più avventurose e ci ha consentito di raccontare il tema della Resistenza in maniera più realistica perché ci ha aiutati a capire meglio il tipo di ambiente e gli ostacoli con cui i partigiani dovevano confrontarsi durante le loro azioni». Susanna Nicchiarelli racconta con parole cariche di trasporto e passione i 3 mesi trascorsi in alta Val di Susa nel 2023 per dirigere le riprese della serie Fuochi d’Artificio in onda su Rai 1 il 15, 22 e 25 aprile e disponibile on demand su Raiplay. Sono 6 episodi che raccontano la Resistenza attraverso lo sguardo disincantato di Marta, bambina di 12 anni che diventa il misterioso e fantomatico partigiano Sandokan in compagnia del fratello Davide e degli amici Sara e Marco. La storia è tratta dall’omonimo libro di Andrea Bouchard, pubblicato nel 2015 e originariamente ambientato in una valle non ben identificata delle Alpi piemontesi; le riprese, per esigenze realizzative, si sono svolte tra Exilles con il suo forte, la borgata Rochemolles sopra Bardonecchia e il Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand.

«La storia si dipana a diverse quote – prosegue Nicchiarelli – tra il Forte di Exilles dove c’è il quartier generale dei nazisti e la prigione in cui è rinchiuso Matteo, il fratello maggiore di Marta, e la frazione di Praverso ambientata a Rochemolles. Più su, gli ambienti di alta montagna con la splendida borgata di Seu, dove si rifugia la banda partigiana, e l’altopiano dell’Assietta con quei prati a perdita d’occhio dove abbiamo girato le bellissime riprese che in maniera simbolica danno avvio alla serie e alla storia intera proprio all’inizio del primo episodio. Queste due location sono state la scoperta e la sfida più stimolante del film».

Nicchiarelli, durante le riprese, si è trasferita con l’intera famiglia da Roma proprio a Rochemolles da dove, nelle brevi pause sul set, partiva alla scoperta dei dintorni tra passeggiate ed escursioni con pernottamento in rifugio.

«Durante i sopralluoghi in primavera, avevamo individuato alcuni luoghi per effettuare le riprese, ma molti altri erano ancora irraggiungibili a causa della neve. Poi, dopo aver iniziato a girare, in un giorno di pausa sono andata con i miei figli a fare un’escursione nel Gran Bosco di Salbertrand e sono rimasta affascinata dalle baite del Seu e dal rifugio Arlaud dove ci siamo fermati per uno spuntino. Quel posto doveva comparire nel film, ma che fatica tornarci con la troupe. Per non parlare dell’Assietta, dove avevamo sbagliato l’abbigliamento e ci siamo beccati un gran freddo, nonostante fossimo ad agosto. Mi emoziono ancora, ogni volta che rivedo quelle immagini, perché mi ricordano la bellezza dei paesaggi e le complicazioni per riprenderli nel loro aspetto migliore. Per esempio le lunghe attese ad aspettare che il sole spuntasse dietro una montagna che lo schermava. Oppure i cambiamenti repentini di tempo per cui, quando veniva il momento di girare un controcampo, la luce era completamente diversa perché improvvisamente si materializzavano in cielo delle nuvole che non c’erano fino a pochi istanti prima».

Per un Ente parco come le Aree Protette delle Alpi Cozie, che ha il compito di gestire e valorizzare non solo il patrimonio ambientale ed ecologico del proprio territorio ma anche quello storico e culturale, è un motivo di orgoglio comparire in un lavoro di grande valore come Fuochi d’artificio. Il film, infatti, è anche un importante testimonianza per diffondere i valori della Resistenza e della liberazione dal Nazi-fascismo perché affronta tematiche purtroppo ancora divisive, con quell’apparente ingenuità propria dei bambini che in realtà nasconde profonde verità. Nel primo episodio Marta affronta un dilemma esistenziale: “Non voglio aiutare nessuno a uccidere qualcun’altro”! - Sotto un regime la pace potrebbe essere peggio della guerra, le risponde Marco. Esattamente la stessa scelta che in quei mesi drammatici della Seconda Guerra Mondiale portò tanti uomini e donne – in certi casi anche bambini – a imboccare il sentiero della lotta per liberare il nostro paese dalla dominazione nemica e dalla dittatura.

«Abbiamo toccato con mano che la Resistenza in Valle di Susa è ancora molto presente nella vita delle persone. Sono venuti in tanti a raccontarci una testimonianza diretta o un ricordo di quei mesi drammatici sapendo che giravamo un film sul tema. Un giorno abbiamo dovuto addobbare le vie centrali di Exilles con drappi e bandiere naziste per inscenare una parata militare. Appena terminate le riprese ci siamo affrettati a rimuovere tutto perché si toccava con mano il disagio degli abitanti nel vedere quei simboli esposti alle porte e alle finestre delle loro case. Finché, il giorno in cui si rappresentava la festa della Liberazione, tanti abitanti e residenti sono scesi in strada per una sorta di celebrazione parallela a quella che gli attori erano impegnati a recitare davanti alle cineprese».