I modelli di pianificazione e sviluppo che hanno interessato il nostro settore alpino ed i conseguenti adeguamenti a livello infrastrutturale in questo ultimo periodo, hanno forse definitivamente cancellato millenni di 'segni' lasciati da eventi naturali come inondazioni, frane, valanghe, ma anche soprattutto da migrazioni di popolazioni, esilii, ritorni, guerre, carestie, commerci sempre sostenuti da un'economia che aveva il suo fondamento nel legame alla terra ed alle sue risorse, al territorio di appartenenza.
Nel giro di un arco temporale molto breve il paesaggio plasmato da questi eventi è stato in gran parte distrutto, per far posto ad un'idea ed a una concezione di sviluppo che ha ridotto queste montagne a luogo di svago, che tende ad omologare contesti ambientali e culturali nel nome del divertimento ad ogni costo: un immenso parco giochi a pagamento, dove la sola cosa importante è la neve, che se non c'è, si crea con costi in termini energetici ed economici sempre meno sostenibili e giustificabili.
Un modello pervasivo, imposto da grossi gruppi economici adeguatamente appoggiati a livello locale, ha ormai cancellato, seppellendoli sotto asfalto e cemento, i segni di una cuiltura e di un modello di vita che se non altro hanno garantito nel tempo la conservazione di questo territorio, mentre le scelte fatte oggi hanno la drammatica connotazione dell'irreversibilità, della distruzione definitiva.
E qui sta anche la contraddizione, il paraosso più assurdo: quegli stessi paesaggi che abbiamo contribuito o anche solo consentito cancellare, sono gli stessi che ci vengono proposti per pubblicizzare questo tipo di modello economico.
Paesaggi virtuali ormai, e poco importa se i committenti del depliant con in copertina il prato a sfalcio colonizzato da narcisi in fiore sono gli stessi che su quel vecchio pascolo hanno autorizzato un imponente quanto devastante insediamento edilizio senza ritorno; in fondo c'è sempre qualche foto in archivio che può servire all'uso.
Un'eutanasia culturale che anticipa un cedimento economico di cui sono già chiare le avvisaglie, con la distruzione di un bene che non è solo estetico ma che ha fornito il substrato su cui si basava la sussistenza e dunque la vita delle generazioni che ci hanno preceduto fra queste montagne.
Ecco che allora riguardare queste vecchie cartoline assume un valore diverso e diventa un momento di riflessione importante, anche se forse tardivo, sul significato del nostro agire e sul rapporto che ancora ci lega a questo territorio, sulle conseguenze che può avere la trasformazione degli antichi orti delle borgate in parcheggi olimpici.
Uno degli aspetti più importanti che connotano il richiamo e l'interesse turistico è dato dall'armonia del paesaggio, un tempo patrimonio diffuso nel nostro paese, oggi sempre più raro e compromesso anche in queste valli.
L'omologazione culturale e sociale determinata da così forti interessi economici rende deboli, vulnerabili e non competitivi sulla distanza rispetto ad altre realtà che hanno fatto scelte di rispetto e valorizzazione del territorio e della cultura ad esso correlata; non bastano i parchi e gli ecomusei ad uso dei turisti se ciò che resta della tua identità è il codice di avviamento postale.
gennaio 2006
Domenico Rosselli
Il libro è disponibile presso le sedi del Parco e durante gli eventi e fiere del territorio.