Il ghiaccio come risorsa economica.
Sul finire del 1800, il sorgere di nuove industrie diede l'avvio, nel nostro paese, a grandi mutamenti nello stile di vita della popolazione. Si diffusero le "Botteghe delle acque e dei ghiacci", successivamente chiamate Bar, ed il ghiaccio divenne una risorsa indispensabile per la conservazione degli alimenti, per la gestione dei nuovi esercizi alberghieri e di ricreazione, ed in medicina per lo studio di nuovi farmaci e per la cura di svariate malattie.
Per pochi anni, a cavallo tra il 1800 e il 1900, si sfruttò il ghiaccio estratto dal ghiacciaio del Galambra, oggi completamente scomparso.
All'alba, dopo 5 ore di salita e 2000 m. di dislivello, attraverso il Pasòu du glà, gli uomini raggiungevano il ghiacciaio a 3060 m di quota e caricavano i singoli blocchi di ghiaccio, del peso di 300 Kg circa, sulla lèia (slitta in robusto legno di maggiociondolo e frassino, in grado di sopportare forti sollecitazioni). La discesa costituiva un'operazione impegnativa, faticosa e pericolosa visto l'enorme carico e le difficoltà incontrate nel superare passaggi angusti, pendenze notevoli e pietraie incoerenti. Giunto a Salbertrand, il ghiaccio veniva caricato in vagoni isolati termicamente sui treni della linea Modane-Torino.
Agli inizi del Novecento, verificata e riconosciuta la validità economica del commercio, la fiorente attività estiva dei cavatori e trasportatori di ghiaccio del Galambra venne soppiantata dalla produzione invernale nel lago della ghiacciaia. Il sito ritenuto più adatto, anche per le qualità dell'acqua, venne individuato in esposizione nord, nel punto di confluenza tra le acque del Rio Gorge e Rio Ourettes, nei pressi della strada carrozzabile per il Col Blegier.
Si ricavò un laghetto artificiale con una superficie di circa 1100 mq e una profondità di circa 1,30 m e si costruì un locale di 800 mc, quasi completamente interrato e quindi in grado di garantire la conservazione del ghiaccio fino al periodo estivo.
A fine settembre, compatibilmente con l'irrigazione dei coltivi a valle, si iniziava a riempire l'invaso e fra fine dicembre e inizio gennaio avveniva il primo prelievo di ghiaccio dal lago. Con l'ausilio di seghe, asce e picconi, venivano ricavati blocchi squadrati che, attraverso uno scivolo di legno, venivano trasportati alla finestra bassa della ghiacciaia per lo stivaggio.
Quando la richiesta del mercato era alta, se si avverava ciò che dice il proverbio "lu ju 'n creisèn la frèi 'n cuien" (al crescere del giorno il freddo aumenta), e se lo spessore del ghiaccio lo consentiva, si procedeva ad un secondo raccolto.
La produzione poteva raggiungere i 500 mc all'anno, pari ad un ventina di carri ferroviari.
Aprile 2003
Il libro è disponibile presso le sedi del Parco e durante gli eventi e fiere del territorio.