ultimo aggiornamento: 16/02/2022

Preistoria e incisioni rupestri

BALM CHANTO

Riparo sotto roccia dove cacciatori e pastori seminomadi abitavano circa 2500 anni prima di Cristo. A partire dal 1983 scavi archeologici hanno portato alla luce manufatti in osso e pietra levigata e resti di recipienti in terracotta. La superficie rocciosa piana è disseminata da una cinquantina di coppelle (incavi emisferici artificiali scavati nella roccia) sparse senza apparenti criteri. Sono incisioni molto abrase dall'azione degli agenti atmosferici, ma ancora visibili se le condizioni di luce radente lo consentono.
Questo complesso di incisioni rupestri non sarebbe degno di particolare nota, essendo estremamente frequente in molte zone della Val Chisone, ma si evidenzia proprio per la connessione stretta con l'importante sito di insediamento preistorico costituito dal vicino riparo sotto roccia che ha offerto determinanti dati scientifici per la conoscenza del popolamento alpino, a quote elevate, risalente al Neolitico ed all'Età del Bronzo Antico.

La scoperta del sito
Conosciutissimo in ambito locale, il riparo di Balm'Chanto fu anche utilizzato come rifugio partigiano durante l'ultima guerra ed adatto sino agli anni '60 del XX° secolo quale ricovero per pastori e greggi che di frequente venivano condotte a pascolare in zona, particolarmente in primavera, quando la neve, ancora presente nelle fasce alte della montagna, impediva l'utilizzazione dei pascoli situati a quote superiori.
L'assenza di vere e proprie grotte in questo settore alpino ha alimentato un alone di mistero intorno alla località. Una leggenda nota nella zona vuole che questa grotticella sia in comunicazione con la località nota con il toponimo di blaguètto, in prossimità del pont d'la salso, ove il diavolo, nel giorno di San Giovanni metterebbe in bella mostra la sua produzione di pentole, mestoli ed altri oggetti in rame; questa leggenda sembra voler ricordare il legame tra l'arte della fonditura dei metalli e gli esseri infernali abitanti le viscere della terra. Da qui la denominazione che alcuni danno a questa grotticella: la tuno dâ diaou, cioè la tana, il buco del diavolo. Fu in base a questa leggenda che intorno al 1968 fu individuata la località e venne esplorata una parte della grotticella. I sopralluoghi si susseguirono negli anni fino al 1980, periodo in cui si sviluppò anche l'aspetto antropologico della ricerca, sempre grazie alla dedizione degli esperti del Centro Studi e Museo di Arte Preistorica di Pinerolo.

OrsieraLo studio
L'importanza degli studi in corso per la migliore conoscenza delle popolazioni preistoriche delle valli del Pinerolese e più in generale dell'arco alpino occidentale è evidente: per la prima volta è stato possibile scavare, con criteri rigorosamente scientifici e dotazioni tecniche efficienti, un insediamento preistorico di alta quota e, quel che più conta, individuare una sequenza stratigrafica dettagliata collegata strettamente a reperti ossei, ceramici, litici, botanici.
Purtroppo manca quasi completamente una conoscenza dettagliata sulla storia più antica del popolamento umano nelle Alpi piemontesi che consentirebbe un approfondimento cronologico e culturale dei materiali provenienti dallo scavo del 1981.
Anche le ricerche archeologiche ad alta quota nell'arco alpino occidentale non sono frequenti sia per le difficoltà logistiche legate alla morfologia ambientale, che per il difficile reperimento dei siti in cui scavare; invece in pianura non è raro invece imbattersi in ritrovamenti imprevisti mentre si sta scavando in siti individuati.
I siti alpini assumono particolare interesse in quanto si collocano in un ambito territoriale che ha subito minori deformazioni dalla prima colonizzazione umana in poi ed in cui gli elementi di paleo-economia si collegano ancora strettamente ad elementi di economia moderna o addirittura contemporanea.

L'insediamento
Le condizioni climatiche inospitali ed ambientali durante tutta l'ultima glaciazione hanno probabilmente indotto gruppi di cacciatori-raccoglitori a risalire lentamente l'arco alpino occidentale al termine del Paleolitico superiore.
Nell'Olocene si verifica un miglioramento climatico che opera una ristrutturazione ambientale, caratterizzata dalla risalita della vegetazione arborea a latifoglie sui versanti ed in profondità nelle alte valli; questo permise forse un occupazione stagionale dell'ambiente alpino anche da parte degli ultimi gruppi di cacciatori, i mesolitici. La loro presenza, tuttavia, dev'essere ancora accertata. Tutte le altre località in cui si sono ritrovati insediamenti neolitici sono di fondovalle e non vi è documentazione che, durante il Neolitico, si svolgessero importanti attività economiche incentrate sulle fasce ecologiche d'alta quota (i pascoli). Gli umani dell'età del Bronzo che attuarono una lenta penetrazione e sedentarizzazione della montagna, lo fecero dopo la scomparsa dei grandi branchi di erbivori pleistoceni, o per la caccia agli animali di foresta o, in minor misura, per il pascolo di caprovini e la cerealicoltura.
L'ambiente alpino rispetto alle altre aree geografiche dell'Italia Occidentale presenta diversità evidenti ancora oggi che si riverberano anche sugli oggetti della cultura materiale, infatti il riparo di Balm'Chanto, con la sua ricchezza in reperti, soprattutto ceramici, delinea una cultura con aspetti caratteristi proprii: ad esempio l'industria su pietra verde, ricca in particolare di cuspidi sottili e levigate, di delicata e raffinata fattura che non ha riscontro, per ora, in altri siti.

Accesso
Dall'abitato di Villaretto si sale verso la borgata Seleiraut, superate le case di Champ dâ Fill si prosegue fino al secondo tornante, si lascia l'auto e si prosegue lungo una traccia di sentiero sulla sinistra che percorre una cengia rocciosa fino a raggiungere il sito, a quota 1400 m s.l.m. Oppure appena sotto l'abitato di Seleiraut, dal vero e proprio terrazzo morfologico denominato Belregard si scende verso il riparo che costituisce il sito.

Le incisioni rupestri

Nella regione delle Alpi Occidentali italiane, le incisioni rupestri delle Valli pinerolesi (Val Pellice, Val Risagliardo, Val Germanasca e Val Chisone) rappresentano il più vasto comprensorio attualmente noto. Le incisioni rupestri di queste valli (dette anche "petroglifi") furono scolpite su rocce giacenti sui fianchi e sulle dorsali delle valli, per lo più ad altitudine variabile da 700 a 2.000 m s.l.m.
Queste rocce sono tante tessere di un mosaico che avvicina noi contemporanei a chi ci ha preceduto nel percorso di civiltà di qualche millennio e che, pur senza lasciare documenti scritti, attraverso questi relitti archeologici, ci comunica con immediatezza la propria presenza.

VAL CHISONE - Cro' da lairi, Peira d' la cru'.

OrsieraLa roccia (un calcescisto vagamente quadrangolare) si presenta come un lastrone spesso circa 30 cm. ed appoggiato sul terreno in leggero declivio ed ha dimensioni di m 3,50 x 2,80; l'asse maggiore è orientato Nord-Sud, mentre la maggioranza delle coppelle sono orientate Est-Ovest. Il nome significa letteralmente: fossa dei ladri, ma nel linguaggio locale non è stato finora possibile appurare il perché di questo toponimo. Le coppelle, circa un'ottantina, variano di dimensioni da pochi centimetri fino a 20 di diametro e sono per lo più collegate tra di loro da canaletti convoglianti in tre grandi coppelle profonde fino a 10 cm. che a loro volta deversano in un'altra coppella assai più grande. Si stima la sua collocazione tra il Neolitico (Età della pietra levigata), l'Età del Bronzo e la prima Età del Ferro.
Accesso: dalla S.P. 172 si imbocca il sentiero GTA 335 e lo si percorre per 20 minuti giungendo ad una deviazione (segnali blu) che porta a sinistra, quasi in piano uscendo dal bosco; da qui in altri 10 minuti circa si raggiunge un piccolo pianoro dove si trova il masso ad una quota di circa m 2000 s.l.m.

OrsieraPietra delle Croci è il significato del nome di questo importante complesso di incisioni rupestri, senz'altro il più grande e vario tra quelli noti nel Pinerolese, portato alla luce dai ricercatori del Centro Studi e Museo di Arte Preistorica di Pinerolo nel 1964. Il roccione è situato a quota 1330 m s.l.m. ed è costituito da tre grandi terrazze che degradano verso il fondovalle, di cui ogni livello presenta raggruppamenti di incisioni tipologicamente uniformi, figure umane, croci e ruote solari. Particolarmente interessante è la cosiddetta scena nuziale raffigurata su un masso poco lontano, nei pressi di una vecchia cava di lose (lastre di pietra): due figure umane congiunte e contrapposte giacciono all'interno di un rozzo quadrilatero, accompagnato da un simbolo solare formato da una serie di piccole coppelle. Purtroppo le incisioni sono state in gran parte distrutte da vandali, ma il calco degli originali è custodito presso il Museo di Arte Preistorica di Pinerolo.
Accesso: salendo da Roure sulla sinistra orografica del Chisone, si giunge per una carrozzabile alla borgata di Gran Faetto ricca, come dice il nome, di boschi di faggi. Lasciate ad Est le ultime case si percorre la mulattiera che saliva alle cave di talco della Roussa e poi al Colle della Roussa; dopo circa mezz'ora si raggiunge il complesso di incisioni; si può anche salire in auto lungo la strada sterrata che sale a Prato del Colle, per poi discendere a piedi lungo il sentiero che si diparte a destra, all'altezza di una selletta, immediatamente dopo un masso che costeggia la strada e che reca anch'esso tracce di incisioni (croci e coppelle).

VAL SANGONE - Roc dl'Ursi (Coazze).

OrsieraIl toponimo di Roc dl'Ursi deriva dal fatto che l'imponente roccia di m 8,40 x 4,60 è situata sotto il picco Tana dell'Orso della Valle Balma, a quota 1376. Il sito, che contiene circa 60 incisioni cruciformi è stato scoperto da due Guardiaparco del Parco Orsiera il 14 agosto 1986 inserito in una paleofrana che lambisce la destra orografica del Rio Balma. Le incisioni sono state eseguite con cura e sono mediamente di notevoli dimensioni. Lo stato di conservazione, grazie al supporto in gabbro, è ottimo su tutta la superficie, che è piana ed è inclinata di 30° verso Est. La roccia non è stata lavorata preliminarmente per ricevere le incisioni, che sono state scolpite con la tecnica a percussione.
Il Roc dl'Ursi, per le particolari caratteristiche che possiede può consentire accurati studi sulle caratteristiche tenico-formali delle incisioni e permettere analisi dettagliate sulla conservazione dell'arte rupestre in rapporto con i fattori ambientali ed antropici. Inoltre la monumentalità del sito lo colloca tra i più notevoli delle Alpi Occidentali.
Accesso: dalla frazione Molé (sopra la Borgata Ferria, a Forno di Coazze) si risale l'EPT 415 della Valle Balma (che conduce al Rifugio della Balma e prosegue fino alla Cappella del monte Robinet) e, lasciato a valle il bosco di betulle, prima di entrare nella faggeta, si imbocca una traccia di sentiero in falsopiano sulla sinistra, si guada il rio Balma (sconsigliato sempre e comunque pericoloso in condizioni di forte deflusso idrico) e si risale verso Ovest-Sud-Ovest fino alla roccia che, per la sua imponenza è comunque visibile ad occhio nudo anche dal sentiero.