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Dagli incendi: imparare per ricominciare

Ente Parchi Alpi Cozie

incendieducazione ambientale

Sabato 18 novembre si è svolto a Mompantero un incontro organizzato dai Parchi delle Alpi Cozie in collaborazione con il Comune per confrontarsi e progettare, dopo gli incendi dello scorso ottobre, azioni di educazione ambientale mirate.

Da ciò che è accaduto si può imparare: l'obiettivo ora è realizzare una proposta multidisciplinare di educazione ambientale al fine di creare più consapevolezza e sensibilizzare gli studenti e l'intera comunità rispetto a quanto successo e alle conseguenze.

Erano presenti i referenti per la didattica dei Parchi delle Alpi Cozie, guardiaparco, guide del parco, amministratori, professori e studenti universitari, ricercatori del Progetto Life Xerograzing che negli ultimi anni, proprio in queste aree, hanno lavorato per la conservazione e il recupero delle praterie xero-termiche mediante la gestione pastorale.

Guidati da Luca Giunti, guardiaparco del Parco Orsiera Rocciavrè, si è giunti alle Batterie Paradiso, poco sopra i 1200 metri, nel bosco del Pampalù, una delle zone più devastate dagli incendi che tra il 22 e il 29 ottobre hanno colpito la Valle di Susa. In una settimana, solo nella zona tra Chianocco, Susa e Mompantero, sono andati a fuoco circa 3000 ha di superficie, dai 400 metri del fondovalle, a ridosso dei principali centri abitati, ai 2600 m delle pendici del Rocciamelone.

Ci si è trovati davanti ad un paesaggio spettrale, una foresta carbonizzata, da cui non si può che imparare per ricominciare.

“L’autocombustione in Italia non esiste. La cicca di sigaretta o la marmitta bollente che fanno innescare l’incendio sono probabilità statisticamente non significative. Da noi gli incendi partono per ragioni colpose e per ragioni dolose. Il 95% degli incendi italiani sono colposi e dolosi”  ha puntualizzato Luca Giunti, che ha anche specificato che i danni alla fauna maggiore non sono gravi quanto ci si immaginava in un primo momento "sono già stati effettuati censimenti specifici, in collaborazione con gli agenti della Città Metropolitana, per valutare le perdite nella fauna locale. Possiamo immaginare che caprioli, cervi, lupi e cinghiali si siano allontanati ben prima che l’incendio gli arrivasse addosso. Anche gli uccelli si sono salvati, in autunno, molti erano già migrati verso sud e comunque non c'erano implumi inermi nei nidi. I danni maggiori non hanno interessato gli animali superiori, qui la tragedia, che rasenta l’estinzione, è a carico di tutta la componente del sottosuolo: collemboli, insetti, lombrichi e di rettili e anfibi. Attenzione a non concentrarsi solo sui grandi alberi e sui grandi animali: qui l’azione è stata pesante anche sulle piccole componenti vegetali e tantissimo sulle piccole componenti animali”.

Ottimisticamente, Giunti ha rivelato come il passaggio del fuoco possa avere inattesi risvolti positivi per la vegetazione: "l'incendio è certamente una tragedia, un'azione devastante e ... criminale: distruzione totale. Ciò detto, dal punto di vista strettamente naturalistico, può essere visto come uno dei tanti fattori che modificano periodicamente l'ambiente, come frane e valanghe. Ha avuto pesantissimi effetti in alcune zone, come la pineta del Pampalù, ma ha avuto conseguenze minori nel territorio delle oasi xerotermiche dove il fuoco è passato a macchia di leopardo, agendo più sul substrato e meno a livello delle chiome, e ha creato degli spazi che in futuro consentiranno lo sviluppo di specie che invece venivano soffocate dal bosco. Può sembrare un ragionamento paradossale, ma va ricordato che nell'ambito del Progetto Life Xerograzing, uno degli interventi da fare è la rimozione di alberi e arbusti d'invasione e la pulizia del sottobosco, che è stata finora effettuata con decespugliamenti e facendo pascolare in maniera mirata un gregge di150 pecore. Dal quel punto di vista, il fuoco nelle oasi xerotermiche può non avere creato danni così devastanti come altrove. Da questa tragedia ripartono tante vite e alcune di queste vite trarranno addirittura vantaggio dal passaggio del fuoco. Per alcune specie forestali, il calore sviluppato può avere dei benefici: per certe conifere, come i pini del Pampalù, può fornire una maggiore capacità di apertura delle pigne con risvolti positivi in termini di propagazione".

Rispetto alle proposte di alcuni di risolvere i danni provocati dagli incendi piantando nuovi alberi, Giunti fa notatre che "la partecipazione e la volontà di collaborare dimostrata da molte persone è comprensibile e encomiabile.. Ma attenzione! Perchè con l'abbandono delle montagne degli ultimi 50 anni il bosco ha riconquistato grandissimi spazi, e spesso si tratta di un bosco d'invasione. Se è questa la componente vegetale danneggiata, non è necessario andare a rimboschire. In più, gli interventi fatti 30, 40, 50 anni fa avevano criticità che non bisogna ripetere: sono stati creati popolamenti di alberi di stesse specie e stessa età, ma in natura la monocoltura non fa mai bene e può aprire spazi a parassiti dannosi. Boschi importanti come la pineta del Pampalù hanno, oltre a tutte le altre ragioni di essere, anche funzione di trattenere il suolo in una zona a forte pendenza e a rischio di dissesto idrogeologico. Per fare spazio a nuove piante bisognerebbe togliere quelle vecchie che, anche se sono morte, hanno ancora radici che trattengono il suolo. Inteventi che prevedono l'ingresso in bosco di mezzi che potrebbero compromettere la stabilità del suolo che ancora ha resistito dopo l'incendio sono da progettare in maniera estremamente oculata, solo dopo opportune valutazioni".

In merito a questo argomento si è espresso anche il Settore Foreste della Regione Piemonte con una notizia pubblicata sul sito www.regionepiemonte.it

 

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