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Giglio di Francia scolpito sul portale della chiesa parrocchiale cinquecentesca di Salbertrand

Il giglio di Francia

Ente Parchi Alpi Cozie

ricerche storiche

Con il mese di gennaio, prende il via la pubblicazione di una news mensile dedicata ad approfondimenti sulla storia e cultura locale a cura del guardiaparco Bruno Usseglio.

Passeggiando nei villaggi alpini nelle alti valli Chisone e Dora non è inusuale incontrare gigli scolpiti su diversi fabbricati. Queste testimonianze ricordano un passato di amministrazione francese che si è concluso nel 1708 con una campagna di guerra vittoriosa per l’allora duca Vittorio Amedeo II. Come mai un regno importante come quello francese aveva come emblema un fiore, un giglio, che si contrappone nettamente rispetto alle figure zoomorfe del leopardo inglese o dell’aquila tedesca?

Se si prova a fare una ricerca compaiono molte ipotesi e descrizioni.
Su internet Wikipedia cita Angelo de Gubernatis secondo il quale «il giglio, simbolo della riproduzione, rappresenterebbe la successione dinastica e l’aumento della popolazione».
Alcune pubblicazioni hanno affrontato l’argomento. Guelfi Camajani nel «Dizionario Araldico» pubblicato nel 1921, asserisce che il giglio araldico è il più nobile dei fiori ed è diverso dall’esemplare che possiamo trovare in natura. Poi fa una lunga disamina di tutte le famiglie italiane che lo hanno adottato come emblema. Il coevo «Traité d’art héraldique indiquant l’origine et l’évolution des armoiries» di Victor Morin riporta come il giglio sia rappresentato come una punta di lancia con due ganci collocati ai lati, tenuti insieme da una traversa. Michel Pastoureau nel suo libro «Medioevo simbolico» dedica un capitolo al nostro fiore.
Questo simbolo è usato ampiamente non solo in Europa, ma anche in Mesopotamia e in Egitto e il significato si diversifica a seconda della cultura che l’utilizza.
La numismatica cattolica dell’XI e XII secolo accosta il giglio alla Madonna e nel 1211 un sigillo reale francese si caratterizza per uno scudo seminato di gigli di Francia.
Poco alla volta, dunque, si impone uno sfondo azzurro seminato di gigli dorati e questa scelta si salda sull’interpretazione religiosa: «La struttura in seminato è associata alla solennità delle consacrazioni e delle incoronazioni e sottolinea l’origine divina del potere», protetta proprio dalla regina dei cieli.

Dalla seconda parte del XIV secolo il seminato di gigli senza numero fisso cede il posto a tre grandi gigli. Questo cambiamento nella rappresentazione si lega a sua volta con una interpretazione simbolica differente: all’ispirazione mariana si sostituisce la Trinità: «Carlo V consacrò questa modifica richiamando non più la protezione accordata dalla Vergine al re ed al regno, ma la particolare affezione della benedetta Trinità per il regno di Francia».

Non possiamo sapere con certezza se chi ci ha lasciato in ambito locale incisi o dipinti dei gigli araldici della corona di Francia abbia tenuto conto di questa simbologia. Possiamo tuttavia supporre che l’elemento prioritario che ha ispirato la presenza diffusa di questi emblemi sia il senso di appartenenza a un’entità statale che ha caratterizzato un lungo periodo, circa tre secoli e mezzo, della vita e della storia delle alte valli Chisone e Dora.

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