immagine
Pascoli in alta quota - foto archivio Parchi Alpi Cozie

L’abbattimento dei lupi può essere la soluzione ai danni da predazione?

Ente Parchi Alpi Cozie

life wolfalpseulupi

Simone Bobbio

Il tema dell’abbattimento dei lupi per il controllo numerico della specie e per la riduzione dei danni da predazione viene periodicamente sollevato nel dibattito pubblico. Si tratta di un argomento fortemente divisivo sia da un punto di vista emotivo, sia da un punto di vista scientifico. Anche per un’organizzazione che si occupa specificamente della difesa ambientale, come l’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie, rappresenta un’occasione di discussione legittima da affrontare con approccio laico, basato su rilevanze scientifiche.

Il ricorso alla caccia per contenere specie troppo numerose e dannose è una prassi consolidata anche all’interno dei parchi. Attualmente è in corso un piano nazionale per la riduzione dei cinghiali e gli stessi Parchi delle Alpi Cozie hanno organizzato programmi di contenimento di alcune specie per esempio, alla fine degli anni ’80, con i cervi nel Gran Bosco di Salbertrand la cui eccessiva pressione demografica provocava un impoverimento della flora. Curiosamente, l’intervento umano in quel contesto diventò superfluo quando l’equilibrio biologico della zona fu ristabilito naturalmente con il ritorno del lupo.

L’esempio francese

Uno degli argomenti portati a favore dell’abbattimento dei lupi è l’esempio francese dove, a partire dal 2009, viene fissato un numero massimo annuale di predatori che possono essere uccisi in deroga alla Direttiva europea Habitat del 1992 che riconosce il lupo come specie di interesse comunitario e quindi sottoposta a protezione totale. Il ritorno dei grandi carnivori in terra transalpina, avvenuto nel corso degli anni ’90, è stato affrontato con decisione, complice anche un sistema di allevamento più intensivo degli ovini, con greggi più numerose che, quindi, subiscono danni da predazione più consistenti.

Sul piano normativo, l’autorizzazione all’abbattimento di un lupo viene rilasciata soltanto dopo reiterati attacchi al bestiame domestico, quando le misure preventive si sono rivelate inefficaci, e viene concessa ai pastori con specifica formazione e precise limitazioni, oppure al personale dell’Office Français de la Biodiversité (OFB), cioè l’organismo statale che si occupa di ambiente e caccia e dipende dai ministeri per la transizione ecologica e dell’agricoltura. Occorre osservare che la soglia annuale di lupi che si possono abbattere viene stabilita sulla base dei risultati dei monitoraggi nazionali per mantenere la popolazione del lupo grossomodo stabile.

Tuttavia, una nota tecnica emessa dall’OFB nel dicembre del 2020 "Mise ajour des effectifs et parametres demographiques de la population de loups en France: conséquences sur la viabilité de la population à long terme" ha sollevato l’allarme sul rischio di una diminuzione di lupi provocata anche dall’aumento progressivo dei tassi di abbattimento autorizzati nel corso degli anni più recenti. Il documento solleva apertamente dei dubbi sull’efficacia di tali misure affermando che «i rischi per le greggi non sono necessariamente e direttamente proporzionali alla densità dei predatori, in particolare per una specie territoriale e sociale come il lupo […] le cui caratteristiche impediscono qualsiasi relazione proporzionale tra il numero di lupi prelevati e il numero di attacchi».

Gli abbattimenti riducono i danni da predazione?

Intorno all’efficacia degli abbattimenti di lupo sulla riduzione dei danni da predazione esistono due teorie prevalenti. Da un lato si afferma che uccidendo un lupo, in particolare quelli specializzati negli attacchi alle greggi, si spaventano gli altri membri del branco rendendoli più diffidenti nei confronti dell’uomo e del suo bestiame e quindi riducendo le occasioni di attacchi. Al contrario, altre teorie ritengono che quando viene ucciso uno dei membri alfa, il resto del branco viene destabilizzato provocando una maggiore dispersione e una riorganizzazione territoriale che spingerà i lupi superstiti a concentrare le proprie mire sulle prede più facili, cioè gli animali domestici.

Dal punto di vista scientifico, mentre l’efficacia delle misure preventive incruente è ampiamente dimostrata dalle più importanti ricerche, non si è ancora trovato un sostanziale consenso sulla riduzione delle predazioni in seguito all’abbattimento di grandi carnivori. In particolare, un articolo pubblicato nel primo trimestre del 2020 sulla rivista Faune Sauvage ("Tirs dérogatoires de loups en France: état des connaissances et des enjeux pour la gestion des attaques aux troupeaux") e scritto da un’equipe di ricercatori dell’OFB, dell’Università di Montpellier e dell’Institut National de Recherche pour l’Agriculture, l’Alimentation et l’Environnement, sottolinea questo aspetto evidenziando l’insussistenza delle casistiche raccolte in Francia, nonostante oltre 10 anni di esperienza diretta. «Gli studi robusti sono, a oggi, troppo poco numerosi. Di fronte all’aumento dei danni provocati dal lupo sulle greggi, gli amministratori francesi hanno bisogno di valutare l’efficacia delle politiche di abbattimento sulla riduzione delle predazioni, e di sapere fino a che punto questa misura possa essere applicata senza mettere a rischio la sopravvivenza della specie in Francia». Resta il fatto che l’abbattimento, misura molto costosa in termini economici e ambientali, non si è ancora dimostrato concretamente efficace.

La realtà italiana

Nell’aprile del 2019 il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato il nuovo “Piano di conservazione e gestione del Lupo in Italia” (il precedente risale al lontano 2002) ancora in discussione in Conferenza Stato-Regioni. In occasione della presentazione del documento, il Ministro Sergio Costa affermava: «Con questo piano ribadiamo che non servono gli abbattimenti, ma una strategia, che abbiamo delineato in 22 azioni».

In attesa dell’approvazione definitiva del piano, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha organizzato nell’inverno 2020-2021 il primo monitoraggio nazionale del lupo di cui sono in fase di analisi i dati raccolti. Difficile – anzi impossibile – allo stato attuale ipotizzare una quota di abbattimenti che non metta a rischio la sopravvivenza della specie, senza conoscerne la quantità e soprattutto il tasso di crescita.

Inoltre, un sistema farraginoso di accertamento delle predazioni e di assegnazione degli indennizzi, diverso tra le varie regioni interessate dalla presenza del lupo, rende difficilmente quantificabile il numero degli attacchi, l’entità economica dei danni e di conseguenza la scelta delle misure più efficaci per ridurli. Infine, il ricorso alle misure non letali di prevenzione degli attacchi al bestiame domestico dovrebbe essere maggiormente diffuso a livello nazionale, soprattutto nelle zone di colonizzazione più recente da parte del lupo.

Uno studio recente realizzato in Val di Fiemme "Di lupi, recinzioni e fototrappole" ha sottolineato ancora una volta l’importanza di combinare le varie strategie di difesa tra cui la presenza, la motivazione e l’impegno dei pastori.

Un’altra esperienza significativa "Il racconto del primo intervento di dissuasione su un lupo con proiettili di gomma” si è svolta durante la scorsa estate in Veneto, nella zona del Grappa, dove un lupo avvistato ripetutamente nei pressi di un gregge di pecore è stato oggetto per la prima volta in Italia di un intervento di dissuasione con un proiettili di gomma autorizzato da Ispra. Grazie al radiocollare dell’animale, dopo l’operazione innocua di dissuasione, la distanza media giornaliera coperta dal carnivoro è aumentata del 70% ed il tasso di predazione sui selvatici dell’89% con conseguente riduzione delle predazioni su domestici del 70%.

In conclusione, risulta ormai evidente che la diffusione del lupo in Italia solleva – e continuerà a sollevare – problematiche reali che richiedono l’adozione costante di nuove misure di adattamento a questa realtà. Ma, inevitabilmente, occorre lavorare nella direzione del miglioramento della coesistenza tra gli esseri umani e il grande carnivoro per tutelarne l’esistenza, che rappresenta una risorsa ecologica inestimabile, cercando al contempo di limitare i danni che, per sua natura, provoca alla collettività. In quest’ottica, il ricorso agli abbattimenti non è da escludere a priori, ma applicato soltanto dopo un’attenta analisi della sua efficacia e dopo che tutte le altre misure preventive si siano dimostrate inadeguate.

Comunicato stampa: Abbattimento_lupi_APAC_22dic2021.pdf

Potrebbe interessarti anche...