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Joie de vivre. Epidemie, rinascite... e santi guaritori

Ecomuseo Colombano Romean

XII giornata del patrimonio archeologico della valle di susaarcheovalsusaecomuseo colombano romean

Sabato 18 settembre ritorna in campo l'associazione Artemuda con il nuovo spettacolo teatrale, scritto, diretto e interpretato da Roberto Micali, Renato Sibille, Patrizia Spadaro "Joie de vivre". Un viaggio nel tempo, dalla Grande Guerra e la terribile epidemia di influenza spagnola, fino alla recentissima pandemia di Covid-19, attraverso periodi bui e periodi "ruggenti", visti con gli occhi di crocerossine e infermieri, ballerine, poeti, scrittori e registi teatrali.

Lo spettacolo realizzato in collaborazione con Valle di Susa. Tesori di Arte e Cultura Alpina, Archeologia in Valle di Susa, Parchi Alpi Cozie, Ecomuseo Colombano Romean in occasione della XII giornata del patrimonio archeologico della Valle di Susa, narra di epidemie e rinascite.
 
Nel 2007 l'Associazione Artemuda aveva già trattato il tema di antiche e nuove epidemie nel convegno organizzato per l'Ecomuseo Colombano Romean di Salbertrand "La Peste alle porte del teatro".
 
Un argomento, quanto mai attuale, che all'epoca era già stato ritenuto talmente interconnesso con la cultura e il tessuto sociale del territorio dell’Alta Valle di Susa da sempre caratterizzato dal passaggio di eserciti, mercanti e dalla circolazione di genti e di culture diverse, al punto da volerlo rendere protagonista di un convegno e di uno spettacolo teatrale "L'angelo della peste".
Oggi vogliamo rileggerlo con la fiducia di un ritorno alla normalità... in fondo "nel corso della storia l'uomo si è trovato più volte a dover affrontare epidemie o eventi catastrofici come guerre o carestie, e dopo si è sempre sentita la necessità di rinascere, di ritrovare il gusto delle cose perdute, cercando di affrontare la presenza amara e soffocante della morte con la gioia di vivere, la joie de vivre".
 
Al convegno del 16 settembre 2007 a Salbertrand e alla stesura degli atti che furono pubblicati (scaricabili in fondo) parteciparono studiosi e ricercatori, storici, esperti di cultura locale, musica e teatro.
Molto interessante l'intervento di Renato Sibille, collaboratore dell'Ecomuseo e anima di Artemuda, che, oltre all'inquadramento storico e geografico del diffondersi della peste nera del 1300, descrive come le comunità locali ne affrontarono il dilagare, spesso con metodologie del tutto empiriche, le credenze popolari e l'implorazione dei Santi... quei santi taumaturghi le cui rappresentazioni ancora oggi si possono contemplare negli antichi affreschi delle chiese e cappelle del nostro territorio.
 
"La peste nera, un mal qui répand la terreur, giunge nel 1348 nella nostra valle, provenendo da Oriente, attraverso un lungo viaggio e, come in tutta Europa, miete migliaia di vittime riducendo a circa un terzo la popolazione, già provata dalla grave carestia del 1347. Partito qualche anno prima dalla lontana Cina, il morbo viaggia portato dalle pulci dei topi nascosti tra i carichi dei mercanti, nelle stive delle navi che approdano al porto di Marsiglia, o attraverso pellegrini infetti dalla malattia che ritornano dalla Terra Santa. A questa del Trecento, la più terribile delle pestilenze, ne seguiranno molte altre. Ma già un cronista dell’antichità qual è Lucrezio, nella sua De Rerum Natura ci narra gli effetti tremendi della morte nera e la tragedia di Edipo ci dice che la città di Tebe fu colpita dal morbo in tempi mitici. Bisognerà, però, attendere il 1894 perché un medico svizzero, Alexandre Yersin, scopra il bacillo (Yersinia pestis) e la sua via di propagazione attraverso i ratti e le loro pulci. Diversi contagi ed epidemie di varia natura prendono il nome di peste nel corso della storia e molti mali vengono, di volta in volta, definiti la nuova peste, ultimi l’AIDS, la SARS, la pandemia dei polli.
I monatti sono incaricati di raccogliere i cadaveri e di trasportarli con i carri fuori dai villaggi, per seppellirli in fosse comuni. Si chiudono le porte delle città, si costruiscono lazzaretti e vengono predisposti cordoni sanitari; nessuno può più entrare o uscire. Si scappa nei boschi e sui monti per fuggire il male, ma il male lo si porta dentro, addosso, nelle proprie carni ed esplode in bubboni marci di pus sotto le ascelle e all’inguine. La credenza popolare altovalsusina consiglia di serrarsi in casa e di esporre, fuori da una finestra, un pane di segale che, qualora non intaccato dalle muffe, potrà indicare il cessare del contagio. I medici sono impotenti e provano rimedi di ogni tipo, dalle erbe alla chirurgia, ai salassi, alle fumigazioni e indossano strane maschere, con lunghi nasi dove vengono poste essenze credute miracolose. I profumeurs o maîtres netoyeurs du mal contagieux consigliano suffumigi e fumigazioni disinfettanti, tramite la bruciatura di zolfo, di rami di ginepro o di lauro, e raccomandano di portare addosso mazzetti di ruta, issopo, assenzio, artemisia, menta ed altre erbe aromatiche o magiche, ritenute capaci di proteggere dal male. Tutto viene bruciato, bollito o disinfettato.
Le chiese vedono scomparire sotto strati di calce i meravigliosi cicli di affreschi che le ornano. I rimedi sono inadeguati; nulla vale a fermare il flagello...
«Cum nihil sit certius morte, et illius hora nihil incertius […] - Nulla essendo più certo che la morte, e nulla più incerto che la sua ora […]», non resta che invocare la protezione dei santi, organizzare Sacre  Rappresentazioni per implorare l’intercessione divina o sospenderle per l’impossibilità di farvi fronte, e riunirsi in confraternite per espiare le proprie colpe e per assistere gli appestati e seppellire i morti. San Sebastiano sarà implorato in modo particolare nel Medioevo. Le nostre chiese sono piene di statue, di immagini e di affreschi del Santo, e con lui i Santi Medici, Cosma e Damiano. A Thures, a Grange Seu, nel Gran Bosco, e a Grange Refour, sopra Beaulard, vi sono cappelle dedicate ai due fratelli Martiri e nella parrocchiale di Salbertrand un magnifico affresco cinquecentesco che li ritrae è stato riportato recentemente all’antico splendore.
Una pletora di altri Santi sarà invocata contro il male; tra questi: San Cristoforo, di cui molte cappelle di montagna portano l’effige cara ai pellegrini, Sant’Antonio, già chiamato in causa contro l’ergotismo, curato dagli Antoniani ad Exilles nel Bourg du curin, e, ancora, sono supplicati San Gregorio Magno, presente a Savoulx e a Chateau Beaulard, San Francesco Xavier, Santa Caterina e, all’occorrenza, tutti i Santi venerati in valle. Dopo la peste del 1577 si chiamerà in causa anche San Carlo Borromeo, prodigatosi per gli appestati di Milano. In
occasione del grande flagello del 1630, che segue le carestie del precedente triennio, sarà San Rocco il Santo prediletto per combattere la sciagura, giunta in valle attraverso i corpi dei soldati diretti verso Casale, al seguito di Luigi XIII e di Richelieu, che pianteranno i loro accampamenti un po’ dovunque (dal 1628 sono presenti quartieri d’inverno a Chiomonte, Exilles, Salbertrand, Oulx, Beaulard).
In quasi tutti i nostri paesi si erigerà una cappella intitolata a San Rocco; a Bardonecchia la popolazione formulerà in suo onore un voto perpetuo, ancor oggi perpetuato con un rito celebrato ogni anno il giovedì di metà Quaresima. La comunità di Salbertrand salirà regolarmente in processione fino alla cappella dei Santi Sebastiano e Pancrazio di Eclause, a seguito della decisione collettiva
formulata in assemblea pubblica il 16 dicembre 1629..."
 
Pubblichiamo qui di seguito glio atti del convegno grazie alla concessione dell'Associazione Artemuda.
 

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