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photo credit Alessandra Gorlier

Lana: che fare?

Ente Parchi Alpi Cozie

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Il LIFE WolfAlps EU e DifesAttiva rendono disponibile i risultati di una prima indagine dedicata al “prodotto” lana, tra limiti e opportunità di sviluppo, punto di partenza per proposte e idee di filiera

Potrà sembrare strano, ma il progetto LIFE WolfAlps EU si occupa anche di lana. D’altronde la diffusione del lupo sul territorio alpino ha sollevato una serie di problematiche la cui soluzione va cercata con un approccio sistemico volto a tutelare sia il grande predatore, sia coloro che subiscono maggiormente le conseguenze della sua presenza, cioè i pastori. Non a caso, l’obiettivo complessivo del programma cofinanziato dall’Unione Europea nel periodo 2020-2024 è migliorare la coesistenza fra lupo e attività umane. La valorizzazione della lana diventa quindi uno strumento concreto per fornire ai pastori di ovini nuove prospettive visto che, indubbiamente, le loro pecore sono tra le prede più vulnerabili agli attacchi da lupo. Per l’Ente di gestione delle Aree Protette delle Alpi Cozie questo argomento è centrale nelle politiche di gestione del territorio perché all’interno dei suoi confini ogni anno vengono ospitate alcune migliaia di ovini per la monticazione estiva.

Nel mese di dicembre 2020 sono stati pubblicati i risultati di un approfondito lavoro di indagine nel comparto laniero italiano, con un focus sull'area di progetto, per individuare i limiti e le opportunità di sviluppo del prodotto lana. La ricerca, intitolata Lana: che fare? è stata realizzata da Luisa Vielmi, tecnico dell’associazione difesAttiva con il contributo e sostegno del progetto LIFE WolfAlps EU. Si tratta di un’indagine preliminare, di un primo passo per pianificare un’attività concreta per il recupero di questo prezioso materiale.
Il documento può essere scaricato dal sito di progetto.

Una premessa amara

Il lavoro di Luisa Vielmi e l’interesse del progetto LIFE WolfAlps EU sul tema nasce da una triste constatazione: spesso la lana non è una risorsa per gli allevatori di ovini, ma rappresenta un costo. Le pecore devono essere tosate almeno una volta all’anno per garantirne il benessere e la pulizia; la tosa deve essere effettuata da personale specializzato a un costo che si aggira tra i 2 e i 4 Euro a capo; la lana che se ne ricava viene venduta sottocosto nel migliore dei casi, oppure smaltita come “materiale contaminato” con un ulteriore aggravio per l’allevatore.

Un vero e proprio circolo vizioso le cui origini vengono individuate da Vielmi nel regolamento n. 1774/2002 della Commissione Europea che inquadra la lana come Sottoprodotto di Origine Animale (SOA) cioè come una materia che porta rischi igienico-sanitari e che necessita di trattamento specifico per essere trasformata in prodotto tecnico, oppure di smaltimento nella categoria dei rifiuti speciali. Nel quadro normativo europeo esistono, poi, 6 regolamenti che forniscono le corrette indicazioni per il trattamento della lana sucida e la sua trasformazione in lana trasformata o lana da scarto. Naturalmente si tratta di processi che provocano un aumento delle spese rendendo più vantaggiosa l’importazione della materia dai paesi extra Ue. Dal 2002 a oggi sono stati innumerevoli i tentativi di modifica di tali norme, soprattutto da parte dell’Italia – quarto paese dell’Unione Europea per numero di ovini allevati – dove la lana è inquadrata come prodotto agricolo, ma la situazione rimane sostanzialmente invariata nonostante alcune revisioni che nella pratica non hanno sortito alcun effetto concreto. È il momento di condurre a livello nazionale una battaglia legale per cambiare lo status normativo della lana in Europa.

Le prospettive concrete

Il lavoro di Vielmi non si limita a una denuncia delle storture normative che limitano il settore della lana ma prosegue con un’analisi approfondita degli utilizzi più innovativi di questa materia in settori come filatura, arredamento, edilizia, farmaceutico e cosmetico, biomedicale e agro-silvo-florovivaistico. Inoltre procede con un’analisi qualitativa e quantitativa sulle varie razze ovine allevate nelle Alpi italiane e nell’Appennino Ligure-Piemontese per ottenere alcune stime sulle quantità e qualità di lana prodotta in tali territori. Questa analisi si è avvalsa del contributo delle tre Organizzazioni Professionali degli Agricoltori.

Infine, offre ai lettori e agli addetti ai lavori un primo censimento delle realtà italiane ed europee che stanno sviluppando progetti di recupero della lana, nonostante le difficoltà dettate dalle normative. È questa, probabilmente, la parte dell’indagine che maggiormente può interessare pastori e allevatori poiché fornisce informazioni preziose e i riferimenti diretti di molti progetti che stanno faticosamente cercando di riattivare una filiera virtuosa per la lana, in grado di garantire un giusto riconoscimento economico alla materia e di creare un nuovo mercato. Con la speranza che questo studio preliminare possa innescare una reazione a catena di progetti e idee concrete per dare nuova linfa a un settore come la produzione laniera e nuova vita a una materia così ricca di qualità come la lana di casa nostra.

 

Comunicato stampa: Indagine_Lana_2021_AlpiCozie_06maggio2021.pdf

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