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Accompiamento rane - Photo credit L. Giunti per Parchi Alpi Cozie

Anfibi: tutela e gestione

Ente Parchi Alpi Cozie

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I motivi di un divieto
Un Ente Parco, come quello che gestisce le Aree Protette delle Alpi Cozie, adotta regolamenti, normative e ordinanze che possono limitare le attività umane sia ricreative, sia residenziali e produttive. Le istituzioni chiamate a tutelare ecosistemi di particolare pregio, infatti, hanno il compito di sperimentare sempre nuove forme di coesistenza degli esseri umani in un ambiente naturale ricco di biodiversità. L’obiettivo di questa rubrica è spiegare i motivi dei divieti, aiutando il pubblico a comprendere certe restrizioni volte a conservare un territorio in salute e fruibile nel rispetto delle esigenze di tutte le specie.

La cattura degli anfibi

Nei Parchi delle Alpi Cozie non si può catturare, uccidere o danneggiare alcun animale, nemmeno i più piccoli o sconosciuti. In questo articolo vogliamo soffermarci sui cosiddetti animali a sangue freddo, e in particolare sugli anfibi che nella stagione primaverile sono più visibili durante la migrazione verso le zone umide dove si riproducono depositando le uova in acqua. Nelle singole aree protette, misure di conservazione e regolamenti di fruizione disciplinano la tutela e la gestione di specie della fauna selvatica non omeoterma (rettili, anfibi e invertebrati) per l’elevato valore che occupano negli ecosistemi.

E fuori dalle aree protette? Il Piemonte, fin dal 1982 con la Legge n. 32 “Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale”, ha stabilito un precetto severo all’articolo 27 che vieta la raccolta, la distruzione di uova, la cattura e l'uccisione di tutte le specie di anfibi, nonché la cattura, il trasporto e il commercio dei rospi. L’unica deroga è rappresentata dalle rane, la cui cattura è consentita dal 1° luglio al 30 novembre per un massimo di 20 esemplari al giorno per persona (elevato a 100 nelle zone a risaia), senza usare guade o reti e mai di notte. Si tratta di un’eccezione rispettosa delle tradizioni culinarie piemontesi ma forse non più sostenibile oggigiorno, in tempi di siccità, di riduzione delle aree umide e di progressiva sparizione di tutta la fauna acquatica.

In ogni caso, una regola molto semplice confermata – come recita il detto – dà una sola eccezione, la quale non vale all’interno dei Parchi. In primo luogo per prevenire anche la minima compromissione degli equilibri naturali, e poi per rispetto: siamo ospiti lì dentro più che altrove. Entrando in casa di un amico ci puliamo le scarpe e non gli rapiamo il cane o il figlio.

Oltre alla chiarezza delle leggi, rimangono le norme di buonsenso, anche esse valide in tutti gli ambienti naturali, non solo in quelli tutelati. Se ci si trova nella necessità di spostare un anfibio in pericolo – impegnato nell’attraversamento di una strada, per esempio – è importante evitare di toccarlo con le mani nude. Innanzitutto perché la nostra temperatura corporea di animali “a sangue caldo” rischia di scottare l’epidermide degli animali “a sangue freddo” come rane, rospi e salamandre la cui cute è particolarmente delicata e deve restare sempre umida e protetta da una sostanza mucillagginosa per coadiuvare i polmoni nella respirazione. In aggiunta a ciò, nel caso in cui occorresse maneggiare più esemplari, si corre il rischio di trasmettere tra gli individui agenti patogeni come batteri o micosi che circolano da diversi anni mettendo in difficoltà le specie. La precauzione, quindi è quella di indossare sempre un paio di guanti maneggiando gli animali per il minor tempo possibile e utilizzando possibilmente un contenitore pulito in plastica per un eventuale trasferimento degli animali in un luogo sicuro.

Tra i vertebrati, la classe degli anfibi è quella che annovera il maggior numero di specie a rischio di estinzione. Le dimensioni ridotte, le limitate capacità di movimento e la necessità di disporre di habitat acquatici per la riproduzione e lo sviluppo larvale e terrestri durante le fasi di svernamento ed estivazione rendono questi animali estremamente sensibili a ogni cambiamento. Quelli legati direttamente alle attività antropiche, come la costruzione di strade, terrapieni, recinzioni e opere architettoniche che rappresentano spesso barriere invalicabili durante i periodi di migrazione. E i famigerati mutamenti climatici che, specialmente nelle Alpi occidentali, hanno generato negli ultimi anni situazioni di prolungata siccità e quindi la diminuzione degli ambienti umidi necessari alla loro sopravvivenza. Insomma, anche all’interno delle Aree Protette delle Alpi Cozie le popolazioni di anfibi registrano un declino pericoloso per gli equilibri degli ecosistemi dal momento che sono grandi divoratori di insetti fastidiosi per l’uomo come le zanzare e forniscono a loro volta nutrimento a molte specie di avifauna.

I divieti imposti dalle leggi non nascono dai comportamenti sbagliati di una o poche persone ma dal pericolo costituito da singole azioni – ognuna poco influente – moltiplicate per cento o mille. Siccome i frequentatori delle aree protette sono milioni, un Ente Parco ha il compito di vigilare sui piccoli gesti che, spesso generati da ignoranza, possono avere complessivamente un grande impatto sulle specie più delicate, come per l’appunto gli anfibi.

Nella quotidianità della vigilanza, càpita spesso di dover rispondere alla domanda «Ma il rospo è il maschio della rana?» Nossignore, sono due specie distinte: la rana ha il suo rano, la rospa si accoppia con il suo rospo che, anche senza trasformarsi in un principe azzurro, per lei sarà sempre il più bello del mondo.

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