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Chambons (Frazione di Fenestrelle) e la sua selva. Foto Bruno Usseglio

La selva di Chambons e la ribellione delle donne - Parte prima

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Dalle ricerche storiche del guardiaparco Bruno Usseglio

Prima di addentrarci in questa suggestiva vicenda, dobbiamo inquadrare brevemente il contesto. Ci troviamo negli ultimi anni dell’Ottocento in alta val Chisone, quando Mentoulles era ancora un comune autonomo (oggi accorpato a Fenestrelle). Molti abitati erano protetti dal pericolo portato dalle valanghe o da smottamenti grazie a porzioni di territorio lasciate a bosco. Queste erano chiamate serve (selve), bandite, boschi di protezione a secondo del periodo e dei documenti. Possiamo immaginarci, dunque, quale reazione suscitò la decisione del comune di Mentoulles riportata sui giornali dell’epoca di vendere all’asta «una parte della stupenda e famosa foresta di Chambons».

La Lanterna Pinerolese il 5 novembre 1898 rende noto che il comune «ha fatto i conti senza l’oste, cioè senza gli abitanti di quella frazione, i quali son decisi ad opporsi, con qualunque mezzo, al taglio di quelle piante secolari, che li hanno fin qui salvati dalle valanghe: meglio morire in galera – dicono essi - che sotto le valanghe!». Il 12 novembre il giornale ci aggiorna con un trafiletto dal titolo: «La pacificazione di Chambons». Gli aggiudicatari dell’asta avevano provato a procedere una prima volta nel taglio, ma il contegno minaccioso della popolazione e il consiglio del maresciallo dei Reali Carabinieri li aveva fatti desistere. Anche un successivo tentativo non andò in porto. Vedendo ciò, la popolazione di Chambons diede l’impressione di tranquillizzarsi, convinta anche dall’intervento delle autorità locali. Purtroppo però alcuni rappresentanti della popolazione avevano appreso dell’intenzione di perseverare nei lavori di esbosco. La notizia incominciò a circolare. Oltre sessanta donne si radunarono e salirono verso la foresta: «Di là, protette dalla nebbia fittissima, che le rendeva invisibili, si diedero a far rotolare numerosi e grossi macigni giù per la china. Le autorità mandarono allora un consigliere della borgata a parlamentare, ma le donne lo accolsero a sassate ed egli dovette retrocedere. Intanto gli operari, visto il pericolo, se la diedero a gambe e non ripresero più il lavoro in tutta la giornata. Gli ufficiali ed agenti della forza pubblica, dando prova di una longanimità ammirevole, discesero in paese senza reagire, evitando una repressione, che avrebbe potuto produrre sanguinose conseguenze. Per prevenire però che il fatto si ripetesse stamane prima dell’alba si fecero occupare dagli agenti, alla chetichella, tutti i posti dominanti e custodire i passaggi. Per fortuna nulla più avvenne. (…) La Commissione mandata a Pinerolo ritornò ieri sera colla decisione di adire la via giudiziaria promuovendo ciò che i legali chiamano l’azione di danno temuto». Seguì un periodo di calma apparente dove le azioni vennero sostituite dalla polemica verbale. Alcuni insinuarono il sospetto della speculazione privata, altri arrivarono a chiamare in causa persino il sacerdote locale: «Al vicario, che aveva predicato la calma e la sottomissione al volere delle autorità amministrative, un Ciambonese, che non ha peli sulla lingua, osservò: Già a lei, che non sta a Chambons, tornerebbe conto che noi si restasse in molti sotto le valanghe; così avrebbe una bella provvista di sepolture e di messe assicurate!». Altri, invece, intervennero nel dibattito per proporre soluzioni o evidenziare problematiche. Uno dei temuti pericoli, ad esempio, era il vento. Se si fosse proceduto al taglio, la foresta non si sarebbe più opposta in modo uniforme alla violenza delle raffiche con il conseguente aumento dei rischi di schianti e rotture. Altri, per ovviare al pericolo delle valanghe, proponevano la costruzione di un muraglione a sperone come quello realizzato nella vicina Pequerel. Altri ancora chiedevano di tagliare solo le piante vecchie, senza compromettere la sicurezza del paese. Qualcuno arrivò a scrivere il successivo 26 novembre un articolo nello stesso tempo accorato e provocatorio da cui riportiamo alcuni brani: «Chi ha proposto il taglio delle piante nella selva, provi a tagliarsi le gambe e poi vedremo se sarà capace di stare in piedi; ne metta due di legno o di ferro, così si vedrà quale sarà la migliore posizione e la miglior sicurezza delle tre; di certo ci sarà risposto che le prime sono sempre le migliori. Lo stesso è rispetto alla sopra indicata borgata; tagliate le piante quindi fate la diga, oppure trasportate il paese alla parte opposta del Chisone, nessuna di queste due proposte può tornare a conto. (…) Compaesani! Difendiamoci sino all’estremo, con tutti i mezzi legali; e voi madri pensate alla salvezza dei vostri figli in avvenire!». Questo era il clima in cui si apre la procedura giudiziaria davanti al tribunale e la prossima settimana scopriremo il finale di questa storia.

Per saperne di più: Bruno Usseglio, “La pacificazione di Chambons”, articolo apparso su La Beidana, n. 90, novembre 2017, anno 33.

 

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