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Photo credit Bruno Usseglio

Ascesa al Monte Rocciavrè

Orsiera Rocciavré

Rocciavrèricerche storicheiche

Dalle ricerche del guardiaparco Bruno Usseglio.

Il Parco Naturale Orsiera Rocciavrè deve il suo nome a due cime, entrambe riconoscibili per la caratteristica di essere bifide. Sulle loro cime si può salire solo se si ha un po’ di allenamento e si dispone di una buona pratica per superare le insidie del percorso. Fra questi due rilievi, a quanto pare, quello che in passato, almeno da un punto di vista alpinistico, aveva attirato maggiormente l’attenzione, era il secondo. Per non rischiare di essere smentiti, lasciamo immediatamente la parola all’avvocato Camillo Colomba che nel 1892 sulla Rivista mensile del Clup Alpino Italiano così si rivolgeva ai lettori dell’importante sodalizio: «Sino a pochi anni fa l’unica vetta del gruppo che fosse alquanto nota era il Rocciavrè, che gli ha dato il suo nome, ma la conoscenza di essa era limitata a pochi alpinisti, sì che la stessa quota d’altezza era affatto errata; infatti la si calcolava fino a 3.300 metri mentre ora è determinata in soli 2.778 metri e non è la massima in quella zona, essendo il Rocciavrè superato dalla Cristalliera di 23 metri. La stessa nomenclatura dei luoghi era incerta, e non erano ben definiti la posizione ed il nome delle diverse cime che compongono il gruppo. Ma se il Rocciavrè pel primo attirò, con la sua bifida punta, l’attenzione degli alpinisti, il disagio della salita fece sì che poche ne furono e ne sono le ascensioni. Negli annali del Club Alpino Italiano la sola ascensione turistica che si conosca è quella del socio Felice Mondini. Infatti la salita del Rocciavrè s’effettua dal versante di Giaveno per Coazze, Forno, alpe di Rocciavrè e cresta di Pian Reale; ora questa ascensione è lunghissima, e solo con fatica non comune si compie in un giorno, e non vi ha mezzo di dividere l’ascensione in due tappe poiché all’alpe di Rocciavrè non vi ha modo di pernottare discretamente per l’angustia del luogo. E siccome le altre punte erano pressoché ignorate, ed era universale credenza che la via d’accesso fosse soltanto il versante di Coazze, così questo gruppo giacque pressoché dimenticato, mentre per la sua vicinanza a Torino e per la relatività facilità d’attacco avrebbe dovuto tenere posto tra i luoghi indicati per passeggiate, quanto meno, di allenamento».

Oggi le distanze si sono ridotte grazie all’automobile e alle strade di accesso con cui è possibile alzarsi di quota. I valloni, le rocce e le praterie possono offrire ancora oggi uno spunto per passeggiate, o quanto meno, di un buon allenamento, senza però mai dimenticarsi di una corretta valutazione delle proprie abilità e delle condizioni meteorologiche

Per saperne di più: Rivista Mensile del Club Alpino Italiano, 1892.